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Oggi ho visto su OnlyGay l’ultima puntata di LSB 2, la web serie scritta, diretta e prodotta da Geraldine Ottier e Floriana Buonuomo. Una romana e una napoletana, che si conoscono da otto anni e che ad un certo punto hanno deciso di mettersi in gioco e iniziare questa avventura.

Come le ho trovate su youtube? Non lo so, solo che era un periodo molto difficile per me, e che ho iniziato a seguire le prime puntate per noia. Erano giorni in cui stavo davvero malissimo, non lavoravo e vivevo da sola da poco.

Sin dalla seconda puntata ero già LSB dipendente. Le storie che si intrecciavano erano semplici, quotidiane, molto vicine alla vita di una giovane media italiana.  Chi studia, chi cerca di inseguire i suoi sogni, chi è irrequieto.

Oltre alle storie di queste ragazze, mi appassionano le musiche della serie. Giulia Anania con Le ragazze non dormono e soprattutto Sandra Graniti con Regina Nessuno.

Gera, Flo e Sandra non sanno che ho scritto il mio libro/romanzo/coso di notte, ascoltando incessantemente Regina Nessuno.

Quindi sono doppiamente legata a Lsb…mi ha fatto sorridere quando non volevo e mi ha ispirato quando ero bloccata da anni (già, non riuscivo a scrivere nulla da tantissimo).

La seconda serie è stata sudata e attesa. Sono riuscite a stupirmi ad ogni puntata…ma non voglio rovinare la visione a chi non l’ha ancora fatto.

Desidero solo dire grazie a tutte le attrici, ma soprattutto alla mitica FILO ( Denise Sicignano) che ha dimostrato grande professionalità e la capacità di farmi emozionare…

A tutte loro, a Gera e Flo, e a tutti coloro che hanno lavorato a questo progetto, un immenso grazie e tanti auguri. Auguri di felicità estrema, di felicità forte e spassionata. Auguri perchè possiate realizzare i vostri sogni, in questo tempo difficile.

Il giorno di natale 2014 Vera ha scritto una lettera a suo fratello e a sua cognata, e desidera condividerla con tutti noi.

Facciamone tesoro.

Quest’anno vi faccio un regalo di coppia, anzi, insieme a voi lo faccio me lo faccio anch’io. Vi metto al corrente di un periodo della mia vita a voi sconosciuto.
Potreste chiedervi perché lo sto facendo e magari, alla fine di questa lettera, pensare che certe cose è meglio non dirle, far finta di niente e andare avanti…mettendo tutto sotto una coperta per nascondere.
Penso invece che la coperta più che nascondere, soffochi. Soffoca la voglia di libertà e di verità che ho scoperto avere grazie al mio percorso di analisi con una psicoterapeutica durato 4 anni.
Ho affrontato una depressione con la sola forza della verità, ho lottato contro le mie paure e attacchi di panico con la sola forza della fiducia nella vita; ho avuto il coraggio di uscire da sotto la coperta perché ho una sola vita che voglio e devo vivere ‘per onestà verso di essa’ senza compromessi. Così mi sono presa per mano e mi sono detta quello che non volevo dirmi da sempre cioè che sono omosessuale. Adesso mi sento parte anche io di questo mondo che troppo spesso esclude chi non rientra nei canoni, chi è diverso.
Non mi sento diversa, anzi a dir la verità lotto contra questa sensazione che so essere frutto di un silenzioso giudizio sociale. Diversa da chi? Non ho forse sentimenti anch’io come tutti? Non lavoro anch’io per mangiare? Non studio anch’io per migliorarmi? La diversità allora cos’è? È solo l’effetto dell’ignoranza che gira attorno alla mia vita e a quella di tanti altri ragazzi/e ed anche adulti.
Altre persone dovrebbero avere lo stesso atteggiamento almeno per il ruolo che hanno; penso a mia madre che invece non accetta, probabilmente i suoi tempi non sono i miei e comunque non posso costringerla, penso a mio padre che non sa e che non so come potrebbe reagire qualora glielo dicessi; penso alle istituzioni che non muovono un dito; penso alla chiesa che, nonostante le recenti aperture, ci vede sempre qualcosa di anormale; penso alla gente comune che non fa altro che divertirsi con battute e pettegolezzi distruggendo quanto di più sacro e di intimo possa avere una persona e cioè ‘la dignità di uomo’. Troppi morti, troppe ferite…vivere è altro!
Il quotidiano di una persona omosessuale è normalissimo. Colazione la mattina, doccia, lavoro, nipotine, sogni, sorrisi, speranze, gioia, difficoltà. I miei difetti semmai sono altri e penso che voi li conosciate meglio di me.
È arrivato il momento di parlarvene perché per me c’è sempre un momento giusto da attendere per fare le cose. Alla psicologa dicevo che desideravo tanto che voi lo sapeste come coppia, anzi come famiglia ma le bambine sono piccole e certo non posso interferire nella loro vita come un carrarmato, però non vi nascondo che sogno un mondo a colori dove si possa guardare l’altro, oltre l’apparenza e questo mondo può nascere solo se lo vogliamo, se ci impegniamo per costruirlo. La vita è vita solo se la si lascia scorrere senza barriere, se le si lascia fare il suo percorso, fluidamente. Se da bambina non mi avessero detto o fatto capire che essere omosessuale è una cosa brutta io non avrei mai avuto paura di me stessa e non avrei sofferto così come invece è stato. Ma non voglio annoiarvi, adesso è tutto finito.
Penso che l’amore sia per tutti. Non puoi selezionarlo, sceglierlo…è la cosa più naturale che ci sia. Ed io sono anche innamorata e a questo punto è facile capire di chi: EMMA!
Ecco perché è arrivato il momento di parlarvi, perché ho già vissuto la clandestinità per troppo tempo, perché quando parto, il non detto mi fa stare male….
Come tutti sogno una vita normale con la mia compagna, fatta di casa, lavoro e cose di famiglia. So che ci vuole tempo per realizzare i sogni e perciò e perciò intanto parto da qui…così come so che adesso tocca a voi prendervi il tempo per pensare a quanto vi ho detto. Sono qui…fatemi un fischio. Vera.

E la risposta di suo fratello e cognata non ha tardato ad arrivare tramite un messaggio su whatsApp:
Hai perso solo del tempo prezioso non parlandone con noi, da parte nostra avresti ricevuto solo appoggio e avremmo compreso la cosa come abbiamo fatto stamattina.
Abbiamo pianto insieme solo perché abbiamo pensato a quanta sofferenza ti sei portata dentro per tutto questo tempo. Per noi adesso sei Vera, prima era difficile comprenderti, ma da oggi non abbiamo dubbi. Ti vogliamo bene forse più di prima perché adesso riusciamo a capire tutti i momenti bui che ti si leggevano in viso. F&V

Tutto ebbe inizio cosi’: “Amore! Alla multisala Iris di Messina ci sara’ LEI DISSE SI…”

Dopo aver pronunciato quella frase mi aspettavo parole vaghe e poi un – lasciamo perdere – e invece!

Io e Vera abbiamo deciso di andare a vedere il film e a conoscere di persona le protagoniste Ingrid Lamminpaa e Lorenza Soldani e la regista Maria Pecchioli. Per poter partecipare a questo evento ho dovuto chiedere il giorno libero a lavoro (no, niente ferie, giorno NON PAGATO), abbiamo affittato una macchina e comprato il biglietto on line.

Durante il pranzo, prima di partire per Messina, mi viene un’idea: ” Perche’ non portiamo dei cannoli siciliani alle ragazze?”. Vera mi dice che e’ un’idea carina, ma subito mi pento. Per me, “le ragazze”, sono un po’ come di famiglia ma loro neanche mi conoscono quindi mi sembra fuori luogo. Vera insiste. E’ una cosa carina. Prima di partire, quindi, passiamo nella miglior pasticceria del paese e compriamo tre cannoli.

Non posso nasconderlo. Ero elettrizzata.

Siamo arrivate a Messina con largo anticipo, poiche’ Vera non era mai stata in questa citta’ e abbiamo fatto un piccolo tour. Intorno alle 20, mi scappa la pipi’ e propongo a Vera di andare direttamente al cinema.

Appena arrivate, Vera mi dice, guardando verso la Hall : ” Ma sono loro?”. Sbircio e..si, sono loro. Entriamo e ci ritroviamo davanti tre ragazzotte, di una semplicita’ disarmante che ci mettono subito a nostro agio.

Abbiamo chiacchierato, abbiamo riso. Poi abbiamo visto il film e ci siamo emozionate. E poi il dibattito….e poi…abbiamo cenato insieme. Nel poco tempo trascorso insieme credo di aver intravisto nei loro occhi, semplicita’, normalita’ e questo mi ha fatto tanto piacere. Sia io che Vera ci siamo trovate profondamente a nostro agio e questa cosa, se per me e’ piu’ scontata, per Vera non lo e’ per nulla.

In genere quando ci si sposa, si invitano gli amici a vedere il filmino del matrimonio…loro, a distanza di due anni, invitano ancora tutti noi a condividere un progetto. Il loro matrimonio non e’ semplicemente una tappa importante per il loro amore…e’ una rivoluzione travolgente per tutti noi. Ingrid e Lorenza ci mettono la faccia e vogliono che il loro matrimonio sia riconosciuto. Per se stesse e per tutti noi. Perche’ due persone che si amano e che condividono la loro vita, nella buona e nella cattiva sorte, hanno diritto a delle tutele legali, a prescindere dal fatto che siano un uomo e una donna, due uomini o due donne.

Durante il dibattito, mentre si parlava di metterci la faccia, Ingrid raccontava che a volte, alla fine della proiezione qualcuno dice loro: ” siete le prime lesbiche che conosco” e lei ha subito aggiunto che non e’ vero, solo che molte persone non lo dicono. Questa cosa ha iniziato a rodermi dentro, perche’ qualche sera fa, durante una cena con un gruppo di ragazze vegane, e’ venuto fuori che due di loro, quando vedono due uomini o due donne che si baciano, si sentono in imbarazzo, abbassano lo sguardo. Non ne sono infastidite, ma non conoscendo persone omosessuali, si sentono a disagio.

Quindi ieri ho deciso di fare coming out. Mentre parlavamo su WhatsApp, ho detto loro che ero stata a Messina, cosa avevo fatto e con chi. La loro risposta? Vedendo una foto di me e Vera hanno detto che quando sono con lei sembro davvero felice e rilassata.

A volte ci creiamo problemi che non esistono.

Oggi provo un senso di profonda gratitudine nei confronti di Ingrid e Lorenza, di Maria che, con loro, ha avuto questa folle idea del film documentario. Se oggi sono una persona piu’ libera e’ anche grazie a loro.

Cosa? Non avete ancora visto LEI DISSE SI? Malissssssimo! Andate su http://www.leidissesi.net e trovata la tappa piu’ vicina alla vostra citta’. FATELO. SUBTO.

Finalmente riesco a fermarmi. Da quanto non scrivo? Tanto, troppo. Ho avuto mesi intensissimi, con ritmi non umani. Ma non c’era modo di fermarsi. Dovevo correre, scattare, passare da una cosa all’altra.
Ma ora sono qui. Musica a palla. E voglio raccontarvi di me, di Vera, di sogni che si dimenano nei cassetti e vogliono uscire. Bussano, impazzano. Vivono.
Ho finito il corso di Commis di cucina. Direi anche FINALMENTE! 1000 ore di corso sono davvero tantissime. Alcune importanti, altre meno. Ma tutte molto pesanti. Lavorare la sera, lavorare il pomeriggio e la mattina seguire 6 ore di lezioni piene, cariche di contenuti. 200 ore di laboratorio con uno chef ‘importante’. 280 ore di stage. Ho lavorato sodo, mi sono messa in gioco e ho imparato tanto.
Adesso lavoro in un ristorante, come lavapiatti e aiuto dell’aiuto cuoco  . Lavoro nei fine settimana e anche qualche altro giorno. Il lavoro è molto pesante, ma mi piace molto. Ho avuto la forza di rimettermi in gioco e mettere la mia sudata laurea in un cassetto. Reinventarsi, reinventarsi sempre. E’ questo il mio leit motiv. Domani chissà cosa farò, ma l’importante è non stare fermi. Mai. Poi mi occupo anche di supporto scolastico per tre ragazzini. Questo paradossalmente è più pesante del ristorante perché a loro non interessa proprio studiare. Hanno l’opportunità di una persona tutta per loro, che li segue passo passo e buttano tutto nel cesso. So ragazzi. Capiranno tra qualche anno.
Sono stati mesi difficili. Io e Vera ci siamo viste poco, e ne ho sentito forte la mancanza. Sono andata in tilt, ho perso la testa, ho sbattuto contro cento muri. Mi sono ferita, ho ferito. Ma ho capito. Voglio stare con lei e voglio costruire con lei.
Ma oggi vorrei parlarvi di loro. Delle mie colleghe dell’università. Come sapete ( o forse no) mi sono laureata nel 2011. Negli ultimi anni di università ho avuto modo di ‘legare’ con alcune ragazze. Età diverse, diverse città, come diverse le nostre vite. Eppure continuiamo a sentirci e frequentarci. Riusciamo a vederci di tanto in tanto, anche solo per un caffè. Un caffè lungo 100 km per me, una metromare per Cetty, autobus rincorsi per le altre.
E stasera voglio ringraziarle queste splendide ragazze. E voglio ringraziarle una ad una:
Cetty, Giusy A., Giusy M., Roberta Lo T. , Francesca, Albert, Grace, Maria Cristina, Agnese, Tina, grazie!
Un gigantesco grazie per la vostra presenza nella mia vita. Sono scontrosa. Lo so. Burbera. Lo so. Ma vi voglio bene. Siete davvero delle splendide…amiche!

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Seguo tramite il web le avventure delle sentinelle in piedi. All’inizio mi arrabbiavo, li avrei presi a bastonate. Poi ho capito: attaccano perchè hanno capito che è arrivata la fine per loro e per chi è contro la libertà della persona.

Ho visto le interviste alle sentinelle e ho rivisto me qualche anno, quando per paura di amare mi nascondevo dietro un ‘non si fa, non è volontà di dio, è contro natura’. E mi chiedo quanti di loro siano così repressi da rischiare di esplodere. Mi fanno anche un po’ pena.

Poi ci sono quelli che sono proprio ignoranti…ma quella è un’altra storia.

E mentre loro manifestano per negare dei diritti, io lotto ogni giorno per custodire la mia storia d’amore.

Vera sta studiando per un esame molto importante, forse l’esame della vita, quello che potrebbe permetterle una svolta. Sta studiando e non può concedersi distrazioni e non può concedersi di stancarsi. Quindi non possiamo vederci, perchè vi ricordo che abitiamo a circa 400 chilometri di distanza.

Ne sto soffrendo tantissimo. Lei è il mio respiro. Io ho bisogno di respirarla, di sentire il suo calore e mi sembra di impazzire senza di lei.

E mi sembra così assurdo che qualcuno non voglia riconoscere il nostro amore. Che  è un amore vero e grande e che nulla ha da invidiare ad un amore eterosessuale.

Io la guardo e mi sciolgo, mi commuovo e sorrido davanti alle sue innumerevoli gaffes. Vera è la mia ancora e il mio ancora…

 

Mi fermo finalmente per aggiornarvi. Sono secoli che non vi scrivo ciò che sta accadendo. Oggi trovo il tempo.

Dopo aver letto ” Scappo dalla città” di Grazia Cacciola ho capito che non  è mai troppo tardi per  inseguire i proprio sogni. Mi sono quindi buttata in un progetto lavorativo, ho inventato di sana pianta un’opportunità che però non ha dato i frutti sperati, perchè in un piccolo centro siciliano come il mio non ha attecchito.

Che fare? Mettermi a piangere? Maledire la mia laurea? Cosa?

Mi sono data una parola d’ordine che mi accompagna ogni giorno, REINVENTARSI, e ho deciso di investire in una mia passione, la cucina. Mi sono iscritta ad un corso di Commis esperto in cucina etnica del mediterraneo della durata di 1000 ore (che mi sta distruggendo 🙂 ) e ho trovato lavoro nella cucina di un ristorante. Certo, in cucina lavoro piatti, pelo patate e faccio tutto ciò che c’è da fare…però cucino anche! E’ certamente angosciante pulire il pesce e cucinarlo, ma so che tutti i sacrifici verranno ricompensati un giorno…Il lavoro non è certamente una passeggiata, sono molto stanca ma forse e dico forse, la stanchezza è dovuta anche al fatto che la mia giornata sia così composta: sveglia alle 7. Corso di cucina dalle 8 alle 14, dalle 15 alle 17 doposcuola ( si anche d’estate),  dalle 18 a chiusura sono al ristorante e la notte, chiusa la cucina, faccio presenza notturna presso una signora. Diciamo che faccio una vita decisamente poco sana. 🙂

Ma anche qui, credo che i sacrifici verranno ripagati ( oppure muoio) .

Per l’amore ho poco tempo fisico, ma Vera è tutto l’Amore che ho. Tra alti e bassi (molti alti e rarissimi bassi) siamo quasi a 4 anni di sogni, speranze e condivisioni profonde. La nostra vita è un caos ( come la vita di tante coppie ) ma lei è …lei…

Mi stupisce il fatto di esserne così innamorata, sempre, ancora, con forza.

E sognamo insieme…e viviamo di questi sogni…

la corda

Aveva 26 anni e due occhi blu. Era un frocetto di paese, sempre preso di mira in modo sottile, cattivo. Lui era un buono, subiva in silenzio.

L’altro ieri, con una lucidità disarmante,   è andato all’emporio a comprare 3 metri di corda e si  è suicidato.

Tanti si chiedono perchè un gesto così ‘forte’. La risposta è andata via con lui. Di certo era stanco ed era tanto solo e nascondeva dietro al suo sorriso, un sorriso che non l’abbandonava mai, il suo dolore.

E’ partito, lasciandoci sgomenti. Avrei potuto far qualcosa io? Forse si. O forse no. Ultimamente non ci frequentavamo più, si sa com’è, le cose della vita ci portano a percorrere strade diverse.

Quando mi hanno telefonato per darmi la notizia sono corsa subito a casa sua. Mi sono seduta sul muretto e ho fumato. Non fumavo da 3 anni e mezzo, però ci stava. Avrei voluto dargli tanti di quei pugni in faccia!!

Ho preso invece il cellulare e ho scritto un messaggio su WhatApp a mia madre:

“Suicidarsi a 26 anni perch non reggi il peso della cattiveria della gente che sa solo giudicare. Perchè ancora nel 2014 essere omosessuale è considerato una perversione, una malattia…perchè lo stato non tutela le minoranze, perchè tutto questo per un ragazzo fragile è troppo. Per esser se stessi ci vuole coraggio. M. non ne ha avuto. Io sono coraggiosa invece, fiera di me, di ciò che sono e di ciò che costruisco ogni giorno. Io voglio essere felice. Io sarò felice anche per lui. Pazienza per chi non capisce, per chi storce il naso, per chi addita. Io sono Io. E fanculo se a qualcuno non piaccio. Io sono io, in tutto quello che sono. E non importa chi amo, come mi pettino e cosa mangio. Io sono io. Ti voglio bene. Non lo dico mai, anche in questo sono io: non so dirlo, non so dimostrarlo.”

Era doveroso farlo. Non voglio nascondermi. Che nessuno debba sentirsi solo. Che nessuno possa pensare di esser sbagliato. Conoscendo mia madre mi aspettavo musi lunghi e lunghi silenzi. Non c’ stato nulla di tutto questo. Non un sms, non una parola. E’ solo un po’ più sorridente e gentile (con me) del solito. Mi viene il dubbio che non abbia capito, anche se il messaggio mi pare non dia adito a fraintendimenti.

Ho inviato poi un twitt a Matteo Renzi comunicandogli che M. si  è suicidato e ringraziandolo per quello che non fa per la comunità LGBTQ. Viviamo in un Paese strano. I diritti civili sono una priorità della nostra Italia. E’ necessario darsi una mossa e lavorare perchè si spazzi via il pregiudizio.

E io voglio fare la mia parte. Ci vediamo fuori.

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Ero universitaria. Avevo circa 20 anni. Avevo preso casa vicino alla facoltà e, sempre in zona, vivevano delle mie amiche, che facevano parte come me di un movimento cattolico fondamentalista. Spesso andavo a trovarle per un caffè ed è li che ho conosciuto P.

P. era una mia collega, un tantino fuori corso. Simpaticissima e divertente. Abbiamo legato subito e abbiamo iniziato a sentirci e uscire insieme. Eravamo davvero …come dire…amiche. Per mesi abbiamo fatto ‘vita a due’. Mi piaceva respirarla e per la prima volta nella mia vita, il mio corpo lanciava segnali chiari. Desideravo un contatto fisico con lei.Lungi da me l’idea di essere lesbica. Era una parola che avevo sentito dire forse un paio di volte…ma nella mia mente l’omosessualità femminile non esisteva. Semplicemente io volevo bene a P. e lei ne voleva a me.

Passavamo ore ed ore a torturarci con dolci bacetti (sulle guance), fino al giorno in cui sono sbottata, mi sono alzata dal letto e le ho detto: ‘ vado a fare una passeggiata, siamo come due fidanzati, ci manca solo che ci baciamo!’. Avevo il cuore a mille e non solo il cuore.

Eravamo in vacanza con degli amici. Era il ponte del 25 aprile del 2003. Per tutto il giorno non ci siamo guardate neanche in faccia. La sera poi lei mi ha gridato in faccia: ‘ ma cosa pensi che ti salto addosso?’. Ero seduta sul divano e ho iniziato a piangere. Lacrime inconsolabili. Lacrimoni che non dimenticherò  mai. Singhiozzavo: ‘ Non ho paura di te! Ho paura di me! Sono io che ti voglio baciare!’. Pensavo che non mi avrebbe più rivolto la parola e invece che fa? Si avvicina e mi bacia.

Avevo baciato un paio di ragazzi prima d’allora, ma quello che provavo in quel momento era fortissimo, qualcosa che non avevo mai provato. Mi girava la testa! Ero felice! Eravamo felici!. Così felici che rientrando a casa abbiamo comunicato a tutti i nostri amici che stavamo insieme. Lo facevamo con candore, non avevamo idea di cosa ci fosse fuori dal nostro piccolo mondo, fatto di libri di pedagogia e patate gratinate.

La cosa arrivò all’orecchio della responsabile del movimento fondamentalista di cui facevo parte e sono stata convocata per un colloquio. Mi fu detto che ‘non è volontà di Dio’ e che ‘è un rapporto non sano’ e ancora ‘ hai bisogno di aiuto’.

Ai tempi ero una fondamentalista anche io e mi affidai e fidai di quelle parole. Erano le tre del mattino quando telefonai a P. e le dissi quello che avevano detto a me. Se dovessi chiedere perdono a qualcuno, penso che dovrei chiedere perdono proprio a lei. L’ho fatta soffrire tantissimo. Lei mi disse: ‘chi sono queste persone per dirti che è sbagliato?’. Ma io ero fondamentalista e le parole della mia responsabile erano per me ‘la volontà di dio’. Mi è stato quindi ‘suggerito’, per non incontrarla di trasferirmi presso la casa di altre persone del movimento a 300 chilomentri di distanza.

Ne ho sofferto anche io, ma ero forte del fatto che avevo fatto una cosa gradita a dio. Ho preso questo evento amoroso e l’ho chiuso in un cassetto. Da qui inizia il mio periodo omofobo. Quando venivo a sapere che qualcuno era omosessuale facevo di tutto per poterci parlare e dire: ‘ ehi sorella, fratello, non sei nella volontà di dio.’ Era un bisogno impellente per me. Dovevo necessariamente dire loro che stavano sbagliando e che sarebbero andati all’inferno. In pratica facevo con loro quello che avevano fatto a me.

Ho frequentato dei ragazzi, ma non riuscivo neanche lontanamente a provare quello che avevo provato con P. Nel 2007 ho conosciuto M. e abbiamo iniziato una relazione. Una relazione fatta di torture mentali, di rosari recitati in ginocchio, di pellegrinaggi e adorazioni notturne. Per non peccare, per non sbagliare, per non cadere in tentazione.

Nel 2009 ho conosciuto N., quando la storia con M. scemava e lei frequentava un ragazzo. N. era la donna più incasinata che potessi incontrare, ma anche colei che mi ha dato la libertà. Io innamorata persa di lei, lesbica dichiarata e bellissima. Io ragazzetta di paese, lei donna di città. Sud e Nord. Mi ha dato la libertà perchè mi ha insegnato che nessuno può arrogarsi il diritto di dirmi qual è la volontà di dio…e mi ha insegnato che l’amore è qualcosa di splendido. Mi ha insegnato il rispetto per la mia compagna e oggi non sarei quella che sono se non l’avessi conosciuta.

Se oggi sono una donna libera e onesta con me stessa, se oggi sono una donna che vive il rapporto di coppia in modo molto equilibrato, è grazie a lei.  Oggi la mia Vera può avermi tutta per se, perchè ho lottato contro le catene dell’omofobia, quelle catene che mi torturavano l’anima e non mi permettevano di essere ciò che sono…

Sono passati tre anni da quando ci siamo conosciute. Tutto è nato su un forum di omosessuali credenti di cui non metto il link perchè non voglio pubblicizzarlo, non condividendone più lo stile. Ci scambiavamo centinaia di messaggi in chat. Poi ci siamo incontrare il 26 marzo a Palermo. Era un giorno piovoso e freddo. Molto freddo. Vera era tesissima. Ero la prima donna omosessuale che incontrava e, soprattutto, che la corteggiava. Abbiamo vagato per le vie di Palermo, infreddolite. Abbiamo pranzato a ‘ Le terrazze di Cavour’ e lei non ha permesso che pagassi io ( che mi ero fatta prestare i soldi da mio fratello per l’occasione!). Poi siamo state a Villa Giulia, il posto meno adatto per una passeggiata romantica con 6 gradi di temperatura. Ho cercato di strapparle un bacio, ma senza successo XD

Tre anni belli, anche se non facili. Tre anni importanti, di consapevolezza. Tre anni in cui abbiamo costruito ( o cercato di costruire). Abbiamo cercato di metter basi solide. Abbiamo un rapporto molto intimo, di condivisione profonda. C’è tanta sintonia. E’ un rapporto che posso definire maturo.

Oggi mi è tornata in mente la prima canzone che le ho dedicato…e la condivido con voi.

 

Buongiorno bambina
il sole ti guarda ormai
non hai più paura
restare sola vuoi
per il momento
stai ancora sognando ma
oh dolce bambina
ti muovi nel mondo ormai
e tu come me
non sai che ci sarà
oltre quel muro
ma con la voglia nel cuore che tu hai
cerchi la vita oltre l’azzurro di quel cielo
e sai che non è ancora finita
camminerai lungo le strade aperte di una vita
appena cominciata
e anche se tu avrai la testa confusa
non dovrai più fermarti così
continuerai fino alla morte
a cercar di trovare la tua dolce vita
incontrerai mille problemi ma qualcosa nell’aria
ti farà sperare
sempre di più con gli occhi immersi nel vento
tu capirai che questa vita non mente
buongiorno bambina
è un nuovo giorno ormai
ma tu come prima
tu non ti fermi vai
per la tua strada
senza alcuna paura come me

…e un giorno…un giorno…spero di poterla sposare…perchè è davvero una donna eccezionale. Le mie amiche dicono: ‘ Per star con te…deve esserlo per forza. Ci vuole tanta forza di volontà XD ‘

Scusate la mielitudine…ma oggi ci sta!